sabato 5 novembre 2016

Autunno 2016



Aeroporto di Istanbul, 25 ott. 2016
Per la sesta volta in due mesi sono in transito dall’apt di Istanbul: sono un vescovo piccione viaggiatore. Confesso la fatica del viaggiare: tira su e giù la valigia un numero imprecisato di volte – ovviamente è pesante perché non rinunci a portare il pezzo di prosciutto o di parmigiano  – passa infinite volte dagli inutili controlli della sicurezza (apri, estrai, accendi il computer, spegni il computer, svuota le tasche, stai in attesa in piedi, la scomodità delle tante ore negli aeroporti per chi non ha accesso alle sale VIP … e i sedili degli aerei sempre più ravvicinati anche se non sono low cost … e spesso pur arrivando presto al check in non riesci a farti dare un posto nella fila del portellone di emergenza perché l’impiegato di turno si sbaglia o se ne frega dicendoti sì e scopri infuriato che è no. Poi cambiare spesso letto - quasi sempre corti e scomodi per la mia spina dorsale: solo ora capisco la ritrosia di mia madre ad andare qualche giorno via per non dover cambiare letto … E gli sbalzi di temperatura perché per es. esco alle 5 del mattino da casa a Iskenderun, fanno già 28° afosi e arrivo alla fermata della navetta che sono già fradicio, monto su e il bus naturalmente è gelato perché qui usa così, per cui anche se viaggio come un deficiente col cappello da sole in testa sul bus, suscitando occhiate stupite dei passeggeri … comunque una volta su due, in quei 50 minuti, si bloccano i bronchi ecc. Oppure parto, come stamani, dalla Cappadocia, 0 gradi (siamo a 1350 mt), arrivi a Istanbul 25° e atterri in Italia a 18° per cui leva, metti, cambia. Insomma tutte stupidaggini di cui nemmeno mi accorgevo anche solo 10 anni fa: Bizzeti, benvenuto nel club degli anziani veri! Ora smettila di lagnarti e và avanti verso la mèta, che ormai non è lontana.
Certo, potrei stare sempre in TK, ma per fare qualcosa per la TK devi in realtà venire in Italia e poi il bello della TK è che ti aiuta a leggere meglio il Vangelo per gli italiani e quindi come rinunciare a edificare ponti?

Quando ci riesco, mi aiuta molto riflettere sui viaggi degli Apostoli, sulle loro fatiche, infinitamente più grandi delle mie: «tre volte ho fatto naufragio, ho trascorso un giorno e una notte in balìa delle onde. Viaggi innumerevoli, pericoli di fiumi, pericoli di briganti, pericoli dai miei connazionali, pericoli dai pagani, pericoli nella città, pericoli nel deserto, pericoli sul mare, pericoli da parte di falsi fratelli; fatica e travaglio, veglie senza numero, fame e sete, frequenti digiuni, freddo e nudità» (2Cor 11,25ss). Cosa vi spingeva? Quali sogni portavate in cuore? Quale tesoro avevate scoperto per bruciare dalla voglia di portarlo fino ai confini estremi della terra? 

Così mi riallaccio a dove ci siamo lasciati nella scorsa puntata, ovvero all’inizio del Saint Paul Trail col gruppetto di “future guide”. Tutto è andato bene e i nuovi hanno confermato in pieno la validità del percorso, anche se alcuni di loro mai faranno la guida del SPT per vari motivi. Così abbiamo già programmato una prossima edizione per un gruppo di capi scouts l’anno prossimo, ai primi di luglio. Io farò la mia parte, il resto frà Paolo Raffaele, parroco di Antiochia che ha sposato l’iniziativa.

Purtroppo la mattina del rientro, il 31 agosto, è arrivata la dolorosa notizia che il Vittorio Confalonieri, amico e cuoco impagabile a Carezza, aveva avuto un grosso ictus …; ci ha lasciati definitivamente, dopo due mesi di coma, il 22 ottobre. Non dubito che riposa nella pace, ma questo evento mi ha segnato molto, dico la verità, e mi ha indotto fino ad ora a riflettere non poco. La morte di una persona buona, amica, di un collaboratore … non è certo una novità nella mia vita, ma stavolta mi ha preso in contropiede, in un periodo già segnato da stravolgimenti. Di fronte alla morte, molte cose si chiariscono e assumono le loro vere dimensioni: la necessità di consegnare la propria vita nelle mani di Dio, la pace tra noi, il perdono da dare sempre, l’imminenza del giudizio di Dio … appaiono come le cose veramente importanti e a cui essere sempre pronti. Io non lo sono. Chiedo al Signore ancora un po’ di pazienza con me.

2 novembre
Riprendo a scrivere proprio nel giorno in cui la Chiesa ci invita a pregare per i nostri morti e a far memoria delle loro vite: Signore accogli tutti nella PACE, soprattutto chi non può vantare meriti, così che risplenda la GRATUITA’ del tuo amore e l’Accusatore rimanga senza preda. 

Settembre 11-18: ho partecipato alla settimana organizzata dalla s. Sede per i vescovi consacrati nell’ultimo anno. È stata un’esperienza importante e molto impegnativa: dalle 07.15 alle 22.45, a parte la pausa dopo pranzo, eravamo sempre impegnati. Eravamo 160 vescovi da tutto il mondo, un’esperienza di chiesa intensa, in cui penso siamo diventati un po’ più “cattolici”, più universali. Molti, come me senza alle spalle itinerari curiali o istituzionali, piuttosto smarriti. In generale ho avuto davvero un’ottima impressione di quelli con cui ho parlato.
Attraverso le conferenze, gruppi di condivisione ecc. ho avuto modo di crescere nella consapevolezza delle responsabilità del ministero che mi è stato affidato. Mi sono sentito davvero piccolo e poco adeguato. Con rinnovata chiarezza però ho sentito che il Signore mi chiama a servire la chiesa, sposa di Cristo; sposa per la quale sono chiamato a rappresentare Cristo sposo: mi fa tremare i polsi, tuttavia la logica di Dio rimane quella 1Cor 1,21ss. Il Signore chiama a volte i più inadatti,  addirittura gli “ignobili e quelli che non sono” perché risplenda chiaramente che è Lui a guidare davvero la Chiesa e che nessuno può gloriarsi di alcunché davanti a Dio. Mi rassicura che i miei limiti e sbagli come pastore non sono al di fuori del suo piano di salvezza. Ma anche mi sento ulteriormente responsabilizzato verso l’intero Vicariato di Anatolia, senza legarmi a nessuna realtà particolare, in Turchia o in Italia che sia. Anzi, siamo stati richiamati a considerare non solo la diocesi affidata a ciascuno, ma ad essere solidali col Santo Padre nella cura della Chiesa universale. Un team mondiale chiamato a camminare insieme.
Tra le tante, la relazione sul mondo di internet è stata quella più provocatoria, non solo perché viviamo in una stanza di vetro e quindi un vescovo deve essere molto prudente nel parlare di cose e persone, ma soprattutto perché si aprono mille modalità nuove per l’annuncio del Vangelo e per creare comunione, vicinanza ecc. Come Chiesa siamo analfabeti per adesso, ma esistono qua e là nel mondo iniziative molto interessanti.

Il discorso poi che ci ha rivolto il Papa e gli spunti di preghiera nella giornata di ritiro … ci hanno fatto pelo e contropelo. Ne sono uscito barcollante … e con una buona confessione generale. Che bello questo sacramento in cui mettiamo sulle spalle robuste di Cristo le croci dei nostri peccati!

Al Mulino e a Padova successivamente, tanti incontri, tante persone buone che hanno fiducia in me, tante vicende … proprio quello che ci vuole per salire in cielo e scendere negli inferi, come dice la Scrittura, toccando con mano le meraviglie che il Signore opera attraverso di me e l’abisso del mio disordine che provoca pasticci; per grazia di Dio lo vedono solo alcuni vicini a cui tocca di diventare santi! Bellissima la sorpresa di festeggiare, oltre al mio compleanno, anche il 50° di Compagnia invitando alcuni Gesuiti compagni di cammino. Sono grato a tutti coloro che hanno reso possibile questo evento!

Bello rivedere gli amici dell’AGEVO il 23 e 24 settembre per la tre giorni annuale di formazione biblica. Una forte base biblica è indispensabile per comprendere la dinamica degli Esercizi ed è bello vedere come tante cose degli EESS diventano più comprensibili quando si ha familiarità con la storia della salvezza. Quest’anno la storia della regalità in Israele ha illuminato molto la meditazione del re eterno a partire dal re temporale.

Appena tornato a Iskenderun, due giorni pieni con tutti gli operatori pastorali del Vicariato: preti, suore, laici. Come fu a febbraio, il Signore ci ha donato un bello scambio fraterno, robusto e operativo. Eravamo in 18 e abbiamo sentito l’esigenza di mettere in moto alcuni progetti formativi, per noi e per i laici. Vediamo cosa riusciamo a fare con la povertà di forze in campo.
A Iskenderun intanto p. Lucian è divenuto parroco, aiutato da p. Julius, nigeriano, cinquantenne. La vita in casa si svolge in modo sereno e la prima riunione con le persone della parrocchia per rilanciare le attività è stata promettente, grazie a Dio.

Continuano invece le tribolazioni sugli edifici, affitti, lavori ecc. Tutto si rivela più estenuante del previsto e io e John ogni giorno dobbiamo lasciar da parte le cose programmate per affrontare emergenze, ritardi, rotture, introiti mancanti ecc.

La bella novità di ottobre è l’arrivo di Donatella, una laica italiana, in pensione da poco, che resterà un po’ di tempo con noi. Molto discreta e disponibile, sta lavorando al nuovo sito della diocesi ma aiuta anche in mille cose pratiche, come “cartare” e riverniciare le zanzariere. Alle liturgie, a pranzo e cena … la sua presenza femminile è proprio un arricchimento per tutti. Verso fine novembre rientrerà in Italia.

I lavori di aggiornamento, manutenzione ecc. all’eremo in Cappadocia stanno ormai terminando e ne siamo soddisfatti. Provvisoriamente ci stanno 3 suore che visitano i rifugiati: la loro convivenza e servizio stanno andando bene e speriamo possano passare ad una fase stabile, collocandosi in un luogo funzionale al portare “la visita del Signore” ai cristiani rifugiati che non hanno punti di riferimento e sentono tanto il bisogno di non essere dimenticati anche dalla Chiesa. L’eremo è ora pronto per ricevere una piccola presenza monastica: il Signore ispiri qualche istituto religioso ad essere il “cuore orante” della nostra piccola chiesa di Anatolia!

Vi risparmio la cronaca di altri eventi come la conferenza ai Padri Cappuccini per il convegno missionario, il memorabile incontro con il Vescovo Zuppi a Maranà-tha, la conferenza a Pisa di introduzione al libro degli Atti, la cena e incontro a Montecatini per una raccolta fondi Caritas, insieme al vescovo Filippini, ecc.

Nel ponte dei Santi ho letto l’Autobiografia di Ignazio con il gruppo Famiglie Oltre e la comunità Bethesda, in vista del cammino di divenire CVX (Comunità di Vita Cristiana – l’associazione laicale di spiritualità ignaziana che affianca i Gesuiti fin dagli albori della Compagnia). Un testo davvero così denso - quando letto e spiegato con calma – che ha suscitato tanto interesse. E che ha rimesso anche me di fronte alla grande distanza che mi separa dal padre Ignazio. Tuttavia la sua acutezza nel discernere gli spiriti è maturata sulla base di tanti errori, ingenuità e cantonate che lascia l’animo aperto alla speranza. Ignazio è formidabile nell’istruire su quei molti errori che si fanno in nome del bene, sia con se stessi che con gli altri, soprattutto quando si è persone che vogliono qualcosa di grande. I pericoli più grandi nella vita non sono le cadute, i peccati, gli errori, ma quel finto bene che porta a dividerci dalla nostra storia - privilegiando l’io ideale su quello reale – e dagli altri, per un malinteso avvicinamento a Dio. La religione allora diventa uno strumento raffinato nelle astute trame del divisore, come vediamo anche nel mondo contemporaneo. Ignazio è diventato progressivamente mite: all’inizio era rigido con se stesso e con gli altri (pensate all’episodio del Moro, all’attrazione verso il suicidio, alle privazioni senza criterio …). Così ci ha detto il Papa di recente: «Dietro la rigidità c’è qualcosa di nascosto nella vita di una persona. La rigidità non è un dono di Dio. La mitezza, sì; la bontà, sì; la benevolenza, sì; il perdono, sì. Ma la rigidità no! … i rigidi soffrono … perché non riescono ad avere la libertà dei figli di Dio; non sanno come si cammina nella Legge del Signore e non sono beati. E soffrono tanto! Sembrano buoni, perché seguono la Legge; ma dietro c’è qualcosa che non li fa buoni: o sono cattivi, ipocriti o sono malati. Soffrono!» (a s. Marta il 24.10).

Nella festa di Ognissanti abbiamo ricordato sobriamente la mia ordinazione episcopale e ringrazio ancora tutti coloro che vennero, lavorarono, pregarono per me in quel giorno da Regno dei Cieli! Siete stati e siete una meraviglia!  
Continuate a pregare per me, per il Vicariato di Anatolia e per la Turchia. Grazie.

1 commento:

Laura Scarpa ha detto...

Graditissima sorpresa il tuo messaggio! Interrompo volentieri il mio lavoro (urgente) al computer che sto facendo e me lo leggo tutto d'un fiato. Come sempre, è ricco di spunti di riflessione e di informazioni. Grazie anche per le parole, speciali, del Papa che ci trasmetti. Un abbraccio e un augurio di cuore di buona continuazione della tua opera.
PS: consiglio per i viaggi: mettere sempre nel bagaglio a mano una sciarpetta e una felpa leggera ma calda. Anch'io i primi anni portavo prosciutti in valigia, adesso molto meno...

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