Pasqua
2017
Impossibile
risorgere senza prima aver scritto il blog, da troppo tempo nella tomba!
Raccolgo
i “foglietti” scritti in questi ultimi mesi e ne faccio un mosaico.
Dalla
festa dei Santi a Natale.
Periodo
estremamente duro. Per mesi ho lavorato a dei progetti, cercando finanziamenti
sia per il rilancio della Caritas, sia per gli urgenti lavori di ristrutturazione:
nessuna risposta arriva; molti motivi per pensare che non arriveranno risposte
positive.
Le
stanze ristrutturate per l’accoglienza di amici, pellegrini, visitatori,
restano vuote. La Turchia è vicina, un volo in low cost costa meno del treno Milano Roma … ma a quanto pare la
paura e la vita soffocata da mille cose in Italia, rendono difficile venire e
vedere.
La
solitudine si fa sentire. La lingua rimane estranea, le incombenze quotidiane
ne impediscono ancora lo studio; c’è la sola consolazione di tradurre il testo
della s. Messa parola per parola in modo da leggerne almeno il testo durante la
celebrazione, cosa finora impossibile. Il caro Murat, guida turca e amico, mi
aiuta in questo paziente lavoro e gliene sono grato.
Per
vari motivi, nel frattempo, rifletto che sulla bilancia della vita, agli sbagli,
veri o presunti, si attribuisce un peso molto più grande del tanto bene
vissuto; è un fatto che tutti conosciamo, ahimè, ma che rimane sconvolgente: il
negativo sembra avere un potere ipnotico.
Per
fine novembre ho convocato gli operatori pastorali del Vicariato per riflettere
sul nostro rapporto con l’islam; il titolo che scelgo è: “Per un discernimento
cristiano sull’islam”, che mi sembra imposti il discorso in modo più fecondo e
corretto che non “dialogo islamo-cristiano”.
Ne
vengono fuori due giorni “caldissimi”, a riprova di quanto l’argomento evochi vissuti
e teologie assai differenti, tra di noi che pure siamo tutti cattolici latini!
Sono
molto contento del dibattito e dell’emergere delle differenze reali che ci sono
nel gruppo. Come Vescovo devo promuovere una prassi e un approccio che non si
esauriscano nel lasciare che ognuno faccia quel che ritiene giusto. Siamo una
realtà assai piccolina, eppure facciamo fatica ad avere denominatori e
interpretazioni comuni. A quando una nuova Pentecoste?
Ai
primi di dicembre sono a Istanbul per diversi giorni: riunione della Conferenza
Episcopale, vari incontri con persone e celebrazione degli 800 anni di presenza
continuata dei padri Domenicani a Istanbul. Un convegno di studio racconta la
storia di questa fedele presenza che mi fa pensare molto: in 800 anni ne sono
successe di tutti i colori in questa città. Si è passati dal regno bizantino
cristiano al dominio ottomano musulmano, dai molti volti, senza contare le
stragi e i saccheggi dei Crociati, in marcia verso Gerusalemme, a danno dei cristiani
orientali!
Eppure
i Domenicani sono sempre rimasti: tra catastrofi, momenti gloriosi, persecuzioni,
drastici ridimensionamenti ecc. Ne emerge la serietà di una scelta che non si
lascia spaventare e condizionare da fattori esterni.
L’Italia
nel frattempo è mobilitata intorno al referendum; viste da lontano, alcune cose
appaiono per quello che sono: incomprensibili. A Istanbul incontro parecchi
italiani che vivono in Turchia per i più disparati motivi, di varia estrazione
e collocazione. Praticamente unanime è il parere: l’ennesimo scontro tra guelfi
e ghibellini servirà solo a indebolire il paese e renderlo meno credibile sulla
scena internazionale.
Gli
stranieri mi domandano come mai in 70 anni di repubblica per 52 volte il governo
è caduto o c’è stato un rimpasto. Siamo afflitti da una smania adolescenziale
di cambiamento? dalla stupidità di chi pensa di risolvere la situazione cambiando
qualche persona? dalla miopia di chi si concentra su un particolare – una
proposta di legge – più o meno oggettivamente negativo?
Certo
constato questo: molti in Italia parlano a favore o contro Renzi, alcuni
analizzano quanto è in gioco nel referendum, pochissimi si domandano che
dinamica generale si mette in moto. Qui all’estero succede il contrario:
moltissimi si interrogano sugli effetti di continui cambiamenti di legislature,
alcuni si interessano al contenuto del referendum, quasi nessuno è interessato
alla singola persona. Questo capovolgimento di prospettiva mi fa riflettere.
Vivendo
in Turchia, a contatto con stranieri di vari paesi, riflettiamo spesso sulle
dinamiche del potere e si approfondisce il nostro disagio per l’attuale immaturità
della folla di alcune nazioni, peraltro ricche di cultura e di storia.
Non
pochi poi notano la somiglianza tra discorsi e atteggiamenti
dei movimenti fascisti e nazisti del secolo scorso e quelli dei populisti di oggi:
diffamazione e denigrazione di tutti gli avversari politici; attacco alla
democrazia parlamentare e alle alleanze faticosamente costruite tra popoli
diversi; esaltazione delle figure “forti” con una democrazia diretta
interpretata dal “Capo”; violenza verbale contro associazioni,
giornalisti e chiunque ponga domande di approfondimento; ricette economiche
fantasiose e inapplicabili; incapacità di costruire e prontezza nel
distruggere.
Sono
Vescovo e alcuni mi dicono: non devi parlare di politica. E invece è mio dovere
far riflettere su come i veri poteri forti e occulti favoriscono questi
atteggiamenti; e sono spesso i più poveri e quelli incapaci di un discorso
articolato che mandano al potere i violenti, i ricchi, i politici improvvisati.
Intanto
si susseguono gli attentati terroristici, in Turchia e altrove, e la paura e il
disorientamento crescono, accrescendo così il potere e il fascino dei
terroristi. Questi, con mezzi ridicoli, conquistano le prime pagine e fanno
breccia nelle menti di chi cerca eroi da imitare, in nome di idee e ideali – da
noi giustamente giudicati falsi - ma che forse appaiono ad alcuni meglio del
tiepidume di una vita di basso consumismo e ignavia.
La
consolazione del tempo di Avvento sono i gesti e le parole di papà Francesco,
ostico anche a molti cristiani di lungo corso. Tanto evangelico da essere
ammirato ma non seguito, nel migliore dei casi.
Tempo
di Natale
Siamo a
Natale: vorrei una gioia condivisa e non solo una bella liturgia, propongo
perciò un pranzo di Natale “porta e offri”, una novità qui. Le gente come
reagirà? Si calcola che verranno una ventina di persone … ne arrivano 60 e io,
deposti i paramenti, metto il grembiule e sono ai fornelli per cucinare 5 kg di
risotto all’italiana, che sparisce in pochi minuti! È domenica e quindi molti
hanno potuto venire sia alle s. Messe sia al pranzo. Alleluya.
Fuori
il consumismo ha organizzato le “feste invernali” e così ci sono tante
decorazioni e luci nei negozi anche in Turchia, cose estranee alla Nascita del
Piccolo, ma che infine permettono ai cristiani di sentire aria di festa. Il
Signore si serve di tutto.
La
bontà delle persone si manifesta con telefonate inaspettate di pace e
riconciliazione. Dopo un duro Avvento, sento il sapore del Natale e ringrazio
di cuore. Triplice alleluia.
E alla
vigilia di Natale arriva la notizia che uno dei finanziamenti è stato
approvato. Alleluya anche per questo.
Nei
giorni natalizi compio un vero tour de
force in Italia per incontrare vescovi e gente comune, gestire le risorse finanziarie, curare le
varie cose burocratiche, i check up
medici e soprattutto far conoscere cosa succede nel Vicariato e in Turchia.
Giorni frenetici … e infatti mi ammalo.
Ma
l’Epifania rintanato in camera a Padova non è poi così male.
Il primo
dell’anno ero stato a Trento: conferenza - meditazione, omelia nella messa
vespertina in cattedrale … tutto per fare la giusta propaganda alla pace,
l’unica soluzione per i molti guai dell’umanità, come ricorda papa Francesco.
Il collegamento tra Vicariato di Anatolia e diocesi di Trento, d’altronde è di lunga
data e va coltivato.
Nel
frattempo ogni giorno ricevo il report
del monaco che sta visitando i rifugiati cristiani in Cappadocia: ogni giorno
un’esperienza evangelica, passione e resurrezione.
Condivido
le sue note con altri e anche questo è aiutare la pace. Le persone sono toccate
interiormente da queste testimonianze e così la piccola chiesa di Anatolia dona
il suo contributo per abbattere barriere di ignoranza e pregiudizi,
indifferenza e paura.
A metà
gennaio rientro in Turchia, dove già fervono i lavori di ristrutturazione dei
locali parrocchiali.
Gennaio
- Aprile
Quest’anno
non abbiamo potuto celebrare a Tarso la “conversione” di s. Paolo nella chiesa
trasformata in museo: per motivi di sicurezza ci hanno negato il permesso.
Celebriamo perciò a Mersin la domenica 21 gennaio: la comunità ha preparato
tutto benissimo e la festa dell’Apostolo delle genti si svolge bene, con buona
partecipazione anche delle comunità di Adana, Iskenderun e Antiochia.
Arriva
Franco della comunità del Mulino che resterà, in due tappe, un mese e mezzo: la
sua dedizione e competenza nei lavori di ristrutturazione del convento è
davvero notevole e si guadagna la stima dell’impresario locale. Io sono molto
sollevato, anche se rimane a me il fare tante scelte su pavimenti,
rivestimenti, sanitari, elettrodomestici, ecc. ecc. Non ne posso più! E
l’handicap della lingua unita al poco gusto e accuratezza di questa arretrata
Turchia del sud rendono faticoso lavorare.
È una lotta quotidiana, sostenuta in massima parte dal buon Franco.
Ai
primi di febbraio visita pastorale a Trebisonda, nell’anniversario del martirio
di d. Santoro: presenti la sorella, un simpatico sacerdote e una signora di
Roma. Due giorni di “ritiro” e celebrazione con la comunità parrocchiale. Andiamo
anche a Samsun per la ricognizione dello stato della chiesa e del convento,
vuoti da anni. Sono in trattative per l’arrivo di due frati minori
dall’Argentina: speriamo.
Viaggiando
mi prendo una brutta influenza che per circa 3 settimane non mi permette i
ritmi normali. La tosse è durissima da sconfiggere. Pago anche la mancanza di
adeguate vacanze estive (ho fatto un solo bagno in mare nonostante viva sulla
costa!): devo organizzare diversamente la mia prossima estate – è un proposito
ferreo.
Marzo
passa tra riunione della Conferenze Episcopale a Istanbul, incontro con i
Gesuiti a Ankara, celebrazioni ad Antiochia e altrove, mentre continuano i
lavori di ristrutturazione.
Vengono
Mario del Mulino e Lorena di Maranà-tha: per vari giorni potano gli alberi di
agrumi e vari altri. Un lavoro paziente e prezioso, assente da anni. Piantiamo
anche un piccolo orto per avere radicchio e insalate che qui non si trovano:
cosa ne verrà fuori? In ogni caso è emozionante piantare dei semi: non lo
facevo da quando ero ragazzo dai nonni, a Ghezzano.
Con
l’aumento progressivo della temperatura, ecco che affiorano i primi segnali di
vita vegetale e poi in poco tempo l’esplosione: abbiamo radicchio e insalata in
abbondanza! Che fedeltà quotidiana il Creatore! Che meraviglia, ormai
sconosciuta a quella metà di umanità che vive nelle città! Il giardino e l’orto
aiutano tanto anche la vita spirituale.
Dopo
poco nasce anche il pollaio, in un angolino, e galline e pulcini per almeno due
settimane sono il centro dell’attenzione di tutti! Altra meraviglia. E fioccano
le uova freschissime.
Partiti
gli altri, arriva Nicola del Mulino: fa un percorso di esercizi spirituali
dividendo la giornata tra preghiera e lavori manuali, con le sue mani d’oro. Un’ottima
esperienza, per lui e noi.
In un
angolo di casa creiamo una piccola officina dove finalmente stanno gli attrezzi
e tutto il resto, ben ordinati. Mi dà una grande gioia avere uno spazio e
strumenti per piccoli lavori in casa e giardino. E chi verrà a dare una mano
potrà trovare l’occorrente, senza perdere giornate in cerca di questo o
quell’altro. Investo dei soldi in attrezzature: compressore, seghetto
alternativo, levigatrice orbitale, tasselli, punte, viti, chiodi e così via. Ripariamo
molte cose mezze rotte, grazie a Dio! Mi rendo conto di aver appreso molto
dalla mia famiglia di origine e da cose che un tempo facevano parte della cultura
pre-consumistica. Oggi si chiama bricolage, non so se è la stessa cosa. Di
certo il lavoro manuale è un’altra occasione di imparare la vita nello Spirito.
E infatti, in poco tempo, sia Franco che Nicola, con le loro capacità e
cordialità, si conquistano la stima e simpatia di tutti, cristiani e musulmani:
anche questo è dialogo tra popoli e religioni.
In
Quaresima tengo le mie prime lectio
sul cammino di Pietro a persone della comunità parrocchiale di Iskenderun. Un bel
gruppo di laici prima di Natale aveva messo in piedi una rappresentazione
teatrale sulla figura di Pietro, preparata con grande impegno per mesi. Ma non
avevano lavorato sui brani relativi del Vangelo, riproposti un po’ tali e
quali: quindi gli ho proposto di ritrovarci e approfondirli.
Preparavo
un testo in italiano, poi lo facevo tradurre e quindi presentavo il brano
evangelico in italiano con John che traduceva; quindi lasciavo il foglio in
turco perché lo approfondissero a casa. Un’operazione piuttosto complessa! Qui tutto
si basa sulla liturgia e la tradizione orale, ma francamente bisogna ripartire
dalla Parola di Dio e i laici devono crescere nella loro propria scelta di
fede, con consapevolezza, e non solo per appartenenza tradizionale e familiare.
Abbiamo
appena iniziato, speriamo di continuare.
Anche
quando vado in giro per le parrocchie cerco di scrivere l’omelia e lasciare un
foglio. Sono altri semi deposti nel terreno, spesso arido – da questo punto di
vista – perché mai coltivato e mai abituato a interagire col seme della Parola.
Molti
problemi pastorali, mi accorgo, sono simili a quelli in Italia: il
cattolicesimo deve rifondarsi sulla Parola e sull’assunzione da parte del
laicato di cultura religiosa e volontà di essere protagonista; la chiesa
clericale non ha futuro. Il Concilio Vaticano II, qui come da noi, deve ancora
essere applicato. Soprattutto si deve ripartire dalle cose basiche e proprio
qui, dove la chiesa è nata, si capiscono molte cose dell’evangelizzazione. La
situazione attuale infatti non è così differente da quella di un tempo: i
cristiani sono una piccolissima minoranza e se sono portatori di qualcosa di
veramente nuovo sul piano umano e religioso, avranno un futuro. Altrimenti,
viste anche le difficoltà esterne – ma quelle di un tempo erano peggiori! – scomparirà.
Qui come in Europa.
A fine
marzo arriva Donatella, già qui in ottobre, e aiuta i frati in molte cose della
chiesa, aiutando in particolare nella settimana santa. Grazie a chi serve
gratuitamente.
Io passo
i giorni pasquali in Cappadocia, presso i rifugiati caldei e siriani, concelebrando
le liturgie - con il monaco siriano venuto per l’occasione - in
poverissime case o in saloni da matrimonio, affittati a volte a prezzi
carissimi perché anche qui ci si lamenta dei rifugiati ma intanto li si
sfrutta! Visitiamo i malati e parliamo con i capi comunità, quando ci sono, per
capire come aiutarli.
Liturgie
e incontri in arabo, ovviamente, e così ancora una volta mi sento straniero. E
le poche parole che mi affiorano sulla bocca, negli incontri, sono in turco!
Col monaco e la fotografa francese che ci accompagna parlo in francese … insomma
una Babele.
La fede dei
rifugiati è grande, di alcuni eroica. Hanno passato e passano sofferenze
difficilmente immaginabili. Raramente trovano lavoro oppure devono vendersi per
pochi euro al giorno – come avviene anche in certi luoghi d’Italia. Molti
bambini non vanno a scuola, non ricevono il catechismo, ignorano cosa è la
chiesa. E i genitori patiscono terribilmente di questo, giustamente. I pastori
delle loro chiese d’origine sono latitanti e anche questa è una delusione.
I rifugiati inoltre
sono spesso culturalmente impreparati a capire cosa sta succedendo nel Medio
Oriente e a riconoscere il “faraone” che causa la loro sofferenza: fuori e
dentro di loro.
E un altro
pericolo affligge loro come noi: rimpiangere il passato, sognare il futuro,
invece di credere che il Signore si incontra nel presente, nella terra
dell’esilio, nella valle di lacrime, nella tragedia, nella croce.
Avverto
forte la necessità che i rifugiati imparino ad interpretare la loro situazione
alla luce della storia della salvezza: non è la prima volta che il popolo di
Dio si trova in esilio, all’estero, avendo perso tutto, anche religiosamente.
Se i rifugiati conoscessero meglio il tempo dell’esilio babilonese di Israele e
il messaggio dei profeti di quel periodo, sarebbero molto aiutati
nell’interpretare bene la loro attuale situazione. Dico questo più volte nelle
omelie, citando Geremia, il Secondo Isaia ecc. La Parola sarebbe davvero luce
ai passi dolorosi di questi fratelli scappati dall’odio e dalla violenza e
permetterebbe anche a noi di dar loro un aiuto che non sia solo economico.
Dolori
e drammi a non finire dunque, ma anche grandi opportunità di far ri-nascere
comunità cristiane, nella diaspora, come è stato per Israele e per la Chiesa,
tante volte nella storia.
A volte
mi verrebbe da fare come Francesco Saverio, scrivendo a quei preti in Europa
che si sentono inutili o che passano il tempo in quisquiglie, burocrazia o
perduti in infinite ricerche teologiche su qualche particolare secondario:
venite! qui c’è un gregge che vi attende e che vi darebbe grandi soddisfazioni!
Ma
certo non è tutto così semplice. Resta però il fatto che anche in seno a santa
madre Chiesa ci sono quelli che hanno infinite possibilità e coloro che
attendono anni per vedere battezzato un figlio. Signore manda operai nella tua
messe più povera e abbandonata.
Nel
frattempo è arrivata la bella notizia che il fondo dell’8x1000 finanzierà in
parte la riapertura di alcune opere sociali della Caritas diocesana, cosa che
mi sta molto a cuore fin dall’inizio. In Italia alcuni, anche tra i cattolici,
storcono il naso di fronte a questa raccolta di fondi, ma francamente vedendo
la serietà con cui vengono analizzati i progetti e il monitoraggio che verrà
esercitato per verificare le spese, credo sia ingiustificata questa ostilità.
Ci sono tanti di quegli enti che sperperano fiumi di denaro pubblico negli
aiuti umanitari all’estero e in Italia, che bisognerebbe iniziare a far pulizia
tra quelli invece di avere sempre nel mirino la chiesa cattolica. Ma la
squallida mentalità laicista travestita da cattolica, come quella di Marine Le
Pen e dei suoi ammiratori italiani, sembrano attrarre di più dell’umile lavoro
di tanti presbiteri, suore e laici che servono i poveri.
Anche
l’associazione Agata Smeralda e la diocesi di Bologna ci danno un bell’aiuto
per riaprire la Caritas. Così anche singole persone. Grazie fratelli, di cuore!
Le collette per le chiese sorelle, inaugurate da s. Paolo, continuano fino ad
oggi, segno distintivo del cristianesimo.
Di nuovo la stesura del blog si interrompe e riprendo oggi, scrivendo “in diretta”: da 7 giorni
accompagno un gruppo di pellegrini cristiani in visita alle comunità e ai
luoghi biblici. Sono tutti molto contenti: le comunità locali perché si sentono
visitate dai cristiani e si sentono meno abbandonate, e i pellegrini perché
scoprono i mille volti di questa paese e di questo cristianesimo, una ricchezza
culturale e spirituale che apre nuovi orizzonti. Lode a te o Signore!
Oggi,
ultimo giorno, è dedicato all’incontro con i rifugiati cristiani in Cappadocia.
L’ascolto è intenso come intensa è la loro comunicazione. Le ore volano,
difficili da raccontare. Lapidaria l’affermazione di uno di loro, iracheno:
da noi prima c’era un ladro (Saddam), adesso ce ne sono centinaia, da tanti paesi. Ci
sentiamo molto impotenti … piantiamo solo dei granelli di senape che solo Dio può far
crescere. Subito facciamo una colletta per le famiglie più povere e in
prospettiva ci impegniamo a sostenere alcuni corsi di lingue per i loro bambini
che non vanno a scuola. Ma di nuovo la loro richiesta è di pastori che radunino
il gregge. Chi risponderà a questa chiamata?
6 commenti:
Grazie Paolo, è prezioso per me il tuo tempo dedicato a scrivere queste parole. Buona domenica
Grazie padre Paolo dei grandi doni di conoscenza condivisione e preghiera di questa settimana. Grazie a John alle sorelle di Tarso e tutti coloro che ti aiutano in questo compito santo. Spero di tornare a rivedervi tutti.
Eccellenza carissima questo popoli attraverso i Tuoi occhi godono di uno sguardo trafigurato : popolo di Dio. Così li fai esistere alla Sua luce ! Bellissimo ! Grazie Cristina Mannari
Eccellenza carissima questo popoli attraverso i Tuoi occhi godono di uno sguardo trafigurato : popolo di Dio. Così li fai esistere alla Sua luce ! Bellissimo ! Grazie Cristina Mannari
Padre Paolo,
grazie per questa condivisione di cui mi "approprio" per poter far sì che possa provare me nel crogiuolo delle difficoltà quotidiane.
La mia condivisione è un pensiero di preghiera per lei ogni giorno.
In comunione l'abbraccio fraternamente
Pierfrancesco
padre Paolo, leggere i suoi blog e avere l'opportunità di ascoltarla ogni tanto di persona sono grandi doni per il mio cammino e quello della mia famiglia. Speriamo di riuscire presto ad organizzare un viaggio in Turchia, magari in sua compagnia. Chiara e Paolo. AMDG
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