29 ottobre
Ci siamo lasciati che andavo verso Reggio Calabria, dopo la
sosta sulla bella spiaggia di Ferruzzano, dove, dopo avervi scritto il post, mi
sono mangiato uno dei miei vasetti di spezzatino, questa volta di carne e
verdure macerate nel barolo: ottimo, per dir la verità.
Lungo la strada una sosta preziosa a Melìto di Porto Salvo,
per arrivare infine alla nostra casa (in realtà della diocesi e francamente ai
minimi termini …) dove mi accoglie con grande affetto Niccolò Mazza SJ, che qui
sta facendo il “magistero”, termine con cui noi indichiamo il periodo
apostolico tra la filosofia e la teologia. Ha fatto il suo primo anno di
filosofia a Padova e siamo rimasti in contatto.
La serata e la mattina successiva la passo con lui,
camminando nel vento sul bellissimo lungomare di Reggio. Nuvoloni corrono cambiando
continuamente colori allo Stretto, increspato di riccioli bianchi. Sono ore
buone, amichevoli, in cui ovviamente parliamo delle vicende della Compagnia, di
Padova post scolasticato, del suo lavoro e pubblicazioni. Niccolò infatti
scrive poesie di grande levatura e anche di recente ha vinto un premio
letterario importante (vedi
Ha appena finito anche un Novena in preparazione del Natale per le ed. Dehoniane, ben fatta.
A fine mattina mi imbarco sul traghetto, operazione per me sempre
bella. Le navi mi affascinano e i traghetti mi riportano a gloriosi viaggi
verso la Grecia e Turchia negli anni ’80. Traghetti inimmaginabili se
paragonati a quelli di oggi, eppure prima degli aerei, low cost o comunque di facile accesso, permettevano il collegamento
tra terre distanti in modo graduale e relativamente economico; erano molto
utili perché si viaggiava col proprio pulmino e godendo di tanto sole e di
tante stelle - per noi che prendevamo sempre il passaggio ponte – non senza
avventure memorabili come nell’attraversamento dell’Egeo nell’estate ’81, con
la nave che ballava di brutto e noi fradici, impauriti e vomitanti. In mezzo ad
una situazione da far invidia a Noè, sdraiati sui materassini sgonfiati per non
essere sollevati dal vento e scaraventati in mare, un fantasma nero ti cacciava
la pila negli occhi alle due di notte per controllare se ti eri imbarcato col
biglietto! Cercare il maledetto pezzetto di carta nelle tasche inzuppate
d’acqua, sdraiati per i motivi di cui prima, con alcune ragazze che piangevano
a dirotto aumentando uletriormente il tasso acquatico … fece emergere da quelle
acque infernali corposi istinti assassini in più d’uno. Poco ci mancò al
buttare in acqua l’omaccione avvolto in un impermeabile nero come la pece e che
ci terrorizzava gridando ticket, ticket,
ticket!
Altri di quel viaggio potranno aggiungere particolari
altrettanto apocalittici, ne sono sicuro.
La traversata dello stretto di Messina invece dura solo 20’
e con un certo rammarico mi sono ritrovato immediatamente a guidare, sulla
strada verso Ragusa.
Qui ho passato 3 giorni importanti, gentilmente accolto
dalla comunità dei Padri (in chiusura, ahimè!). Ho passato buone ore con p.
Cesare Geroldi SJ, ben conosciuto anche da molti di voi che mi leggete. Non ci
vedevamo da anni e ci ha fatto bene poter chiacchierare a ruota libera per ore
(domenica notte fino alle 2).
Ho fatto anche un salto a Ragusa marina, sebbene il tempo
durante i tre giorni abbia alternato piovaschi a schiarite, con notevole
diminuzione della temperatura – Ragusa poi è a 600 mt., e ieri mattina, martedì
28, c’erano già le condizioni per una bella nuotata, come ha fatto Cesare. Io
ho rinunciato a malincuore perché mi ero un po’ raffreddato la domenica sera
quando, rientrando da Ragusa Ibla (gioiello del barocco) avevo girato per mezz’ora
la città non ritrovando la strada della nostra chiesa dove dovevo presiedere la
messa festiva delle 18.00. Mi sgolavo con poco successo, a finestrini aperti,
coi passanti, avendo dimenticato a casa cellulare, navigatore ecc.! Finalmente
ce l’ho fatta, ma le sgolate nell’umido della sera le ho giustamente pagate:
avevo infatti sottovalutato l’estensione di Ragusa.
Cesare in questi 4 anni che è lì ha fatto un lavoro
formidabile al servizio della Parola: insegna AT ai seminaristi, tiene una lectio settimanale, week end
residenziali (attaccata alla parrochhia e alla comunità c’è una casa per gli
esercizi spirituali) insieme ad una marea di incontri di formazione. Poi, come
alcuni sanno bene, l’estate c’è la vacanza 100
pinne per quelli del giro di Percorsi di Vita.
Ha invitato Fausti, Rossi de Gasperis, Stancari … a tenere
corsi di esercizi, sempre con una modalità semplice, in autogestione. Insomma
un sacco di bel lavoro che mi ha consolato. Speriamo che almeno la casa possa
vivere, mentre la parrocchia in questi giorni passa alla diocesi, con grande
dispiacere della gente. È
essenziale trovare almeno un altro gesuita che sposi questo modo di lavorare,
periferico, ma grandemente evangelico e con buone prospettive di frutti per il
Regno.
Con l’aeroporto di Comiso vicinissimo, dove atterra Rayanair
da varie città del centro nord, andare giù è una bella occasione: la
sponsorizzo di cuore.
Per noi due è stata l’occasione per rinnovare stima,
amicizia e affetto.
Stamani al risveglio la notizia della morte nella notte di
p. Filippo Alaimo, uno dei 4 della comunità, operato a Catania lunedì e che non
ce l’ha fatta a superare le difficoltà post operatorie. Tutti sono commossi e
io celebro l’Eucarestia in parrocchia alle 07.30 per lui, prima di partire per
l’aeroporto di Catania, da dove vi scrivo.
È
finita infatti la prima parte del mio tempo sabbatico e prendo il volo Turkish
diretto a Istanbul e da qui ad Antalya, sfruttando il biglietto gratis che ho
maturato in questi anni accumulando le miglia dei voli.
Starò in terra turca per una dozzina di giorni, visitando,
spero, alcuni luoghi che desidero approfondire, in particolare i monasteri del
Tur Avdin, vicino a Mardin. Ma essendo a qualche decina di km dal confine
siriano, è tutto da vedere se sarà possibile.
Intanto ringrazio Dio per questa prima parte che mi ha
pienamente soddisfatto sia per la solitudine e semplicità di vita, sia per la
bellezza dei luoghi. È
stato prezioso anche incontrare nella calma e gratuità persone amiche e
confratelli, “lusso” indispensabile, almeno ogni tanto.
Ripensando poi a tutte le coste percorse, il pensiero è
andato spesso a coloro che qui arrivano dai paesi in guerra o alla fame,
sprovvisti di tutto e spesso avendo perso dei cari lungo il tragitto e avendo
visto la morte in viso e la spietatezza umana, soprattutto.
Noi, per quanto con i giovani senza lavoro e con la crisi,
anche qui al sud abbiamo tanto. Forse non ci siamo più accorti da tempo quanto
abbiamo e questi fratelli e sorelle andrebbero ascoltati, prima ancora che
aiutati. Avremmo molto da imparare su cosa vuol dire davvero “crisi”. Forse le
difficoltà indubbie che ci sono nell’integrarli o anche solo aiutarli, derivano
da questo non comprendere che sono portatori di un dono: aprirci gli occhi
sulle tante possibilità che noi abbiamo.
Ripenso a Bilal,
un libro indimenticabile, scritto da Fabrizio Gatti, un giornalista che ha
ripercorso tutta l’odissea di questa gente attraversando il deserto, la Libia,
il mare ecc. Andrebbe letto a puntate, obbligatoriamente, nelle scuole, specie
al nord.
Vi porto nel cuore.
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