giovedì 30 ottobre 2014

la Compagnia in primo piano ...



29 ottobre
Ci siamo lasciati che andavo verso Reggio Calabria, dopo la sosta sulla bella spiaggia di Ferruzzano, dove, dopo avervi scritto il post, mi sono mangiato uno dei miei vasetti di spezzatino, questa volta di carne e verdure macerate nel barolo: ottimo, per dir la verità.
Lungo la strada una sosta preziosa a Melìto di Porto Salvo, per arrivare infine alla nostra casa (in realtà della diocesi e francamente ai minimi termini …) dove mi accoglie con grande affetto Niccolò Mazza SJ, che qui sta facendo il “magistero”, termine con cui noi indichiamo il periodo apostolico tra la filosofia e la teologia. Ha fatto il suo primo anno di filosofia a Padova e siamo rimasti in contatto.
La serata e la mattina successiva la passo con lui, camminando nel vento sul bellissimo lungomare di Reggio. Nuvoloni corrono cambiando continuamente colori allo Stretto, increspato di riccioli bianchi. Sono ore buone, amichevoli, in cui ovviamente parliamo delle vicende della Compagnia, di Padova post scolasticato, del suo lavoro e pubblicazioni. Niccolò infatti scrive poesie di grande levatura e anche di recente ha vinto un premio letterario importante (vedi
Ha appena finito anche un Novena in preparazione del Natale per le ed. Dehoniane, ben fatta.

A fine mattina mi imbarco sul traghetto, operazione per me sempre bella. Le navi mi affascinano e i traghetti mi riportano a gloriosi viaggi verso la Grecia e Turchia negli anni ’80. Traghetti inimmaginabili se paragonati a quelli di oggi, eppure prima degli aerei, low cost o comunque di facile accesso, permettevano il collegamento tra terre distanti in modo graduale e relativamente economico; erano molto utili perché si viaggiava col proprio pulmino e godendo di tanto sole e di tante stelle - per noi che prendevamo sempre il passaggio ponte – non senza avventure memorabili come nell’attraversamento dell’Egeo nell’estate ’81, con la nave che ballava di brutto e noi fradici, impauriti e vomitanti. In mezzo ad una situazione da far invidia a Noè, sdraiati sui materassini sgonfiati per non essere sollevati dal vento e scaraventati in mare, un fantasma nero ti cacciava la pila negli occhi alle due di notte per controllare se ti eri imbarcato col biglietto! Cercare il maledetto pezzetto di carta nelle tasche inzuppate d’acqua, sdraiati per i motivi di cui prima, con alcune ragazze che piangevano a dirotto aumentando uletriormente il tasso acquatico … fece emergere da quelle acque infernali corposi istinti assassini in più d’uno. Poco ci mancò al buttare in acqua l’omaccione avvolto in un impermeabile nero come la pece e che ci terrorizzava gridando ticket, ticket, ticket!
Altri di quel viaggio potranno aggiungere particolari altrettanto apocalittici, ne sono sicuro.
La traversata dello stretto di Messina invece dura solo 20’ e con un certo rammarico mi sono ritrovato immediatamente a guidare, sulla strada verso Ragusa.
Qui ho passato 3 giorni importanti, gentilmente accolto dalla comunità dei Padri (in chiusura, ahimè!). Ho passato buone ore con p. Cesare Geroldi SJ, ben conosciuto anche da molti di voi che mi leggete. Non ci vedevamo da anni e ci ha fatto bene poter chiacchierare a ruota libera per ore (domenica notte fino alle 2).
Ho fatto anche un salto a Ragusa marina, sebbene il tempo durante i tre giorni abbia alternato piovaschi a schiarite, con notevole diminuzione della temperatura – Ragusa poi è a 600 mt., e ieri mattina, martedì 28, c’erano già le condizioni per una bella nuotata, come ha fatto Cesare. Io ho rinunciato a malincuore perché mi ero un po’ raffreddato la domenica sera quando, rientrando da Ragusa Ibla (gioiello del barocco) avevo girato per mezz’ora la città non ritrovando la strada della nostra chiesa dove dovevo presiedere la messa festiva delle 18.00. Mi sgolavo con poco successo, a finestrini aperti, coi passanti, avendo dimenticato a casa cellulare, navigatore ecc.! Finalmente ce l’ho fatta, ma le sgolate nell’umido della sera le ho giustamente pagate: avevo infatti sottovalutato l’estensione di Ragusa.
Cesare in questi 4 anni che è lì ha fatto un lavoro formidabile al servizio della Parola: insegna AT ai seminaristi, tiene una lectio settimanale, week end residenziali (attaccata alla parrochhia e alla comunità c’è una casa per gli esercizi spirituali) insieme ad una marea di incontri di formazione. Poi, come alcuni sanno bene, l’estate c’è la vacanza 100 pinne per quelli del giro di Percorsi di Vita.
Ha invitato Fausti, Rossi de Gasperis, Stancari … a tenere corsi di esercizi, sempre con una modalità semplice, in autogestione. Insomma un sacco di bel lavoro che mi ha consolato. Speriamo che almeno la casa possa vivere, mentre la parrocchia in questi giorni passa alla diocesi, con grande dispiacere della gente. È essenziale trovare almeno un altro gesuita che sposi questo modo di lavorare, periferico, ma grandemente evangelico e con buone prospettive di frutti per il Regno.
Con l’aeroporto di Comiso vicinissimo, dove atterra Rayanair da varie città del centro nord, andare giù è una bella occasione: la sponsorizzo di cuore.
Per noi due è stata l’occasione per rinnovare stima, amicizia e affetto.
Stamani al risveglio la notizia della morte nella notte di p. Filippo Alaimo, uno dei 4 della comunità, operato a Catania lunedì e che non ce l’ha fatta a superare le difficoltà post operatorie. Tutti sono commossi e io celebro l’Eucarestia in parrocchia alle 07.30 per lui, prima di partire per l’aeroporto di Catania, da dove vi scrivo.
È finita infatti la prima parte del mio tempo sabbatico e prendo il volo Turkish diretto a Istanbul e da qui ad Antalya, sfruttando il biglietto gratis che ho maturato in questi anni accumulando le miglia dei voli.
Starò in terra turca per una dozzina di giorni, visitando, spero, alcuni luoghi che desidero approfondire, in particolare i monasteri del Tur Avdin, vicino a Mardin. Ma essendo a qualche decina di km dal confine siriano, è tutto da vedere se sarà possibile.
Intanto ringrazio Dio per questa prima parte che mi ha pienamente soddisfatto sia per la solitudine e semplicità di vita, sia per la bellezza dei luoghi. È stato prezioso anche incontrare nella calma e gratuità persone amiche e confratelli, “lusso” indispensabile, almeno ogni tanto.
Ripensando poi a tutte le coste percorse, il pensiero è andato spesso a coloro che qui arrivano dai paesi in guerra o alla fame, sprovvisti di tutto e spesso avendo perso dei cari lungo il tragitto e avendo visto la morte in viso e la spietatezza umana, soprattutto.
Noi, per quanto con i giovani senza lavoro e con la crisi, anche qui al sud abbiamo tanto. Forse non ci siamo più accorti da tempo quanto abbiamo e questi fratelli e sorelle andrebbero ascoltati, prima ancora che aiutati. Avremmo molto da imparare su cosa vuol dire davvero “crisi”. Forse le difficoltà indubbie che ci sono nell’integrarli o anche solo aiutarli, derivano da questo non comprendere che sono portatori di un dono: aprirci gli occhi sulle tante possibilità che noi abbiamo.
Ripenso a Bilal, un libro indimenticabile, scritto da Fabrizio Gatti, un giornalista che ha ripercorso tutta l’odissea di questa gente attraversando il deserto, la Libia, il mare ecc. Andrebbe letto a puntate, obbligatoriamente, nelle scuole, specie al nord.

Vi porto nel cuore.

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